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Ortopedia

RIABILITAZIONE DEL CROCIATO ANTERIORE

Recuperare la stabilità del ginocchio con la fisioterapia

Il legamento crociato anteriore (LCA) è una parte fondamentale dell’anatomia del ginocchio, svolge un ruolo cruciale nella stabilizzazione dell’articolazione. Tuttavia, lesioni al LCA possono verificarsi a seguito di traumi sportivi, cadute o altri incidenti. La buona notizia è che la fisioterapia può essere un elemento chiave nel processo di recupero. Aiuta i pazienti a riacquistare la funzionalità del ginocchio e tornare alle attività quotidiane e sportive.

 

Importanza del legamento crociato anteriore (LCA)

Il LCA è uno dei quattro legamenti principali nel ginocchio ed ha la funzione di impedire l’eccessivo scivolamento anteriore della tibia sul femore e di limitare la rotazione interna della tibia. E’ responsabile di evitare il movimento eccessivo tra la tibia e il femore. Questo legamento è particolarmente importante per la stabilità dell’articolazione del ginocchio durante le attività che richiedono cambi di direzione, per esempio negli sport come il calcio e lo sci dove il ginocchio è molto sollecitato. Un infortunio al LCA può causare, nella fase acuta, instabilità, dolore e limitazione funzionale dell’articolazione, quindi la capacità di partecipare alle attività quotidiane. Tuttavia i legamenti crociati non sono essenziali per avere una corretta deambulazione, il parametro veramente importante è la stabilità articolare, necessaria nella fase atletica.

Cause comuni di lesioni del LCA

Le lesioni al LCA spesso si verificano nella maggior parte dei casi in situazioni sportive che coinvolgono forti movimenti di torsione o cambi di direzione improvvisi. Gli infortuni sportivi, come il calcio, il basket e lo sci, sono spesso associati a lesioni del LCA. Tuttavia, possono anche verificarsi in situazioni non sportive, come cadute o incidenti automobilistici.

 

Fasi della riabilitazione in seguito alla ricostruzione del legamento crociato anteriore

La riabilitazione del LCA è un processo complesso che richiede tempo e impegno da parte del paziente. Le fasi comuni di riabilitazione includono:

Riduzione del dolore, dell’infiammazione e gonfiore: dopo un intervento dell’al LCA, spesso sono presenti gonfiore, rossore, dolore e diminuzione del normale range articolare. Lo scopo iniziale del fisioterapista è quello di ridurre questi parametri comuni nella fase acuta, riportando il paziente ad una condizione più normale possibile. A volte questo processo può richiedere un mese di tempo, anche perché la prima fase è la più delicata per il paziente, sia per un discorso emotivo che per la percezione del dolore. Il fisioterapista può utilizzare tecniche di riduzione del gonfiore per migliorare il comfort del paziente.

 

Recupero del ROM(range of motion) articolare, la gamma di movimento: superata la fase più difficile, bisognerà recuperare completamente il movimento dell’articolazione del ginocchio, poiché l’articolazione ha bisogno della massima articolarità per funzionare bene, è importantissimo non lasciarla incompleta se non si vuole incorrere in fastidi o problemi futuri. Questo secondo processo richiede un ulteriore mese di tempo. Il paziente lavorerà con il fisioterapista per ripristinare la piena gamma di movimento del ginocchio. Questo può includere esercizi di stretching e mobilizzazione articolare.

 

Potenziamento muscolare: sebbene il rinforzo muscolare deve iniziare dal primo giorno post intervento, arriverà il momento in cui bisognerà concentrarsi sulla forza. In seguito ad una qualsiasi operazione chirurgica, abbiamo un calo ponderale e immediato del tono di base dei muscoli. L’elettrostimolazione e il reclutamento delle fasce muscolari deve essere eseguito dal primo giorno. Un buon esercizio è come un farmaco, calma il dolore e riduce l’infiammazione, poiché richiama quelli che sono i cataboliti, ossigena il tessuto attraverso una migliore circolazione sanguigna e di conseguenza crea una sensazione di benessere immediata al paziente.

L’espressione “basta poco per stare bene”, può rappresentare l’esercizio semplice di contrazione muscolare per sentire meno dolore. Quindi arrivati alla terza fase della riabilitazione, bisognerà concentrarsi sulla forza e sulla stabilità attivando al massimo quei muscoli deficitari, fondamentali per un ritorno ad una vita sportiva e dinamica dei muscoli. Questo processo richiederà un ulteriore mese di tempo. Rinforzare i muscoli circostanti il ginocchio è essenziale per ripristinare la stabilità. Gli esercizi di potenziamento saranno parte integrante del programma di riabilitazione.

Ritorno alla funzionalità: il fisioterapista guiderà il paziente attraverso esercizi specifici per migliorare la stabilità e la coordinazione, preparandolo per il ritorno alle attività sportive o quotidiane (un altro mese).

La riabilitazione del LCA richiede pazienza e dedizione, ma i risultati possono essere molto gratificanti. La fisioterapia è una parte essenziale di questo processo, aiuta i pazienti a recuperare la stabilità del ginocchio e a vivere una vita attiva e sana.

 

Prevenzione delle lesioni

Data la percentuale molto alta di recidive sia sull’arto operato che sulla gamba controlaterale. E’ fondamentale guidare il paziente verso una continua cura del proprio corpo per ulteriori mesi. Il percorso totale deve rientrare tra i 6 e i 9 mesi di lavoro, la prima fase con il fisioterapista e l’ultima con un personale specializzato, comprendendo anche quelle che sono le esigenze e le abitudini di un paziente. È ovvio che un professionista dovrà essere seguito con molta più costanza perché sarà esposto a molteplici stimoli a differenza di chi  invece ha una routine meno dinamica. La prevenzione delle lesioni future è un aspetto importante della riabilitazione del LCA. Il fisioterapista fornirà consigli su come evitare infortuni simili.

In conclusione, il recupero dopo un infortunio al crociato anteriore richiede una solida pianificazione di riabilitazione guidata da un fisioterapista esperto. Attraverso esercizi mirati e una cura attenta, i pazienti possono tornare a godere delle attività che amano, riducendo al minimo il rischio di lesioni future. Se hai subito un infortunio al LCA, consulta un fisioterapista per iniziare il percorso di riabilitazione e recupero.
Ricorda che ogni paziente è unico, quindi è importante lavorare con un professionista della fisioterapia per sviluppare un piano di riabilitazione personalizzato che si adatti alle tue esigenze specifiche.

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ATTIVITA’ ESTIVE E INFORTUNI MUSCOLO-SCHELETRICI

Le attività estive comportano spesso infortuni come distorsioni, tendiniti o strappi muscolari. È sempre complicato e difficile educare la popolazione ormai abituata a certi rituali tramandati di generazione in generazione. Oggi vorrei dedicare un articolo intero a quello, che spesso o quasi sempre, si fa di sbagliato di fronte ad infortuni di un distretto dell’apparato muscolo-scheletrico.

Le più recenti ricerche scientifiche ci fanno riflettere sui consigli dati alle persone, ma come possiamo educare i cittadini e soprattutto i professionisti (medici) del settore ad aggiornarsi? Chi ne paga le conseguenze è il paziente, ovvero, più siamo al passo con le ricerche e meglio aiuteremo i nostri assistiti.

 

Infortuni, cosa EVITARE ?

Oggi gli acronimi ICE, RICE, POLICE ….sono tutti  protocolli superati.

Come mai la mamma mi ha sempre detto di mettere il ghiaccio o il dottore appena mi faccio male urla in diverse lingue la necessità di apportare freddo endogeno per ridurre il dolore e il gonfiore? L’utilizzo del ghiaccio crea molte perplessità, per esempio è dimostrato che la temperatura interna non cambia, quindi il freddo endogeno non passa. Un utilizzo prolungato può creare una perdita di responsività a livello recettoriale, quindi una struttura meno reattiva agli stimoli esterni.

Un utilizzo prolungato può creare anche delle bruciature sulla pelle, ma quello può essere evitato facilmente applicando un panno per creare una barriera sulla nostra pelle evitando il contatto diretto con la cute. Insomma la vasca con acqua, sale e aceto della nonna non è accettata dalla comunità scientifica, non ha passato il test di approvazione.

Ma la domanda può sorgere spontanea: ma il ghiaccio non diminuisce la sensibilità dolorosa? La risposta è si. Il ghiaccio ha un effetto antalgico locale e momentaneo, quindi l’analgesia è la prima cosa che una persona cerca, ma non dobbiamo più ragionare a livello empirico. Sarebbe veramente importante se tutti seguissero delle linee guida comuni perché si avrebbero meno diatribe interne e più comunicazione tra professionisti e dottori, eliminando l’ego personale che danneggia la medicina.

 

Infortuni, cosa FARE?

Ad oggi, qualora questa estate mi trovassi di fronte ad un infortunio, cosa dovrei fare?
Rispettare le linee guida moderne ricordando un facile acronimo che ritroviamo anche in altri contesti PEACE & LOVE. Questo è il nuovo modello da seguire, ma ora andiamo a vedere passo dopo passo che significa ogni lettera di questo acronimo.

Protection: evitare che l’arto o il distretto colpito possa andare incontro ad ulteriori danni o movimenti che esacerbino il dolore. Insomma il paziente deve stare fermo e protetto, perché la vera medicina è il riposo e la calma. Il corpo attuerà tutti i meccanismi riparatori che conosce, molto meglio di una farmacia super attrezzata.

Elevation: in caso di trauma ad arti inferiori, sollevare la gamba sopra il livello del cuore affinchè la gravità riporti  più facilmente, alla base, i liquidi fuoriusciti dopo l’infortunio. Il gonfiore è uno degli effetti post-traumatici e per aiutare il ritorno venoso dobbiamo attuare delle pratiche facilmente riproducibili.

Avoid Anti-inflammatoreies: evitare gli antifiammatori e non usare il ghiaccio, potrebbe creare confusione e paura. In realtà andrebbe consigliato di non prendere farmaci nelle prime fasi e aspettare che il corpo svolga le sue funzioni naturali da riparatore. Il farmaco potrebbe (utilizzo il condizionale, perché potrei essere linciato dopo questa affermazione) fare peggio, rallentando la guarigione del corpo che invece deve fare il suo corso.

Il nostro corpo si rende conto che abbiamo avuto un danno ed è premunito “di una farmacia interna molto assortita”. Utilizza l’infiammazione per riparare i tessuti danneggiati e quindi interrompendo questo processo si otterrebbe l’effetto contrario. Ora pensiamo a quante volte abbiamo fatto il contrario: quasi sempre, io compreso.

Compression: bisogna ridurre il gonfiore e quindi l’utilizzo di bende elastiche o tape è consigliato, l’importante è che vengano messe bene e con raziocinio. Fare una fasciatura fatta male può essere peggio che non farla, quindi studiare bene il trauma e valutare di cosa ha bisogno il paziente.

Education: educare il paziente è molto importante. E’ utile spiegargli la condizione in cui si trova scegliendo le parole giuste. Empatia e comunicazione verbale e non verbale, sono basilari. Poi sarà il paziente a scegliere il suo percorso, ma almeno sappiamo che abbiamo fatto il massimo per istruirlo.

Load: aumentare il carico graduale seguendo i segnali inviati dal paziente, che sa riconoscere benissimo se un movimento è safe o meno. Quindi renderlo partecipe di questo processo, perché dobbiamo tornare al carico, ma solamente quando la persona è pronta e quando il professionista ritiene che sia il momento adatto. Il dolore sarà il segnale che ci guiderà in questa fase e ci indicherà se è troppo presto o meno.

Optimism: l’aspetto psicologico ormai è stato introdotto da tempo perché influisce tantissimo sull’andamento della guarigione, i nostri pazienti devono essere assistiti anche emotivamente, quindi essere ottimisti!
Il corpo si adatta a tutto, anche di fronte ad un brutto infortunio.
Trasmettere serenità, far comprendere i vari passaggi di stato e i miglioramenti ottenuti, per allontanare il più possibile la paura del dolore cronico e persistente.

Vascularisation: permettere, quando è possibile, delle attività cardio-vascolari che aiutino la vascolarizzazione del tessuto danneggiato.

Exercise: infine il recupero attivo va per la maggiore, soprattutto quando il dolore è diminuito o passato del tutto. Consigliare al paziente esercizi di rinforzo muscolare, di propriocettiva che stimolino la zona interessata per rispondere meglio agli stimoli esterni e per evitare ulteriori ricadute.

 

Affidarsi ai giusti specialisti

Tutte queste sono delle linee guida importanti che possiamo consigliare al paziente che si è fatto male, ma un altro approccio molto raccomandato è di farsi vedere da un fisioterapista specializzato che conosca molto bene le pratiche da effettuare. Insomma non bisogna mai sottovalutare un problema fisico, perché potrebbe diventare qualcosa di molto più fastidioso e difficile da debellare. L’educazione e il buon senso ci aiutano ad evitare conseguenze molto più gravose.

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ERNIA DEL DISCO

Ernia del disco

Ernia 

La parola ERNIA è associata automaticamente al dolore della schiena o ad un problema inguinale. L’etimologia della parola invece serve per capire con più chiarezza cosa succede all’interno del nostro organismo. L’erniazione è la fuoriuscita di una massa dalla sua posizione naturale, o meglio, quando il nucleo polposo ernia, non è trattenuto dall’anulus fiboroso che lo mantiene in sede.

Ernia del disco

Ognuno di noi potrebbe avere un’ernia del disco e non avere dolori o sintomi.  Si tratta di una degenerazione del sistema muscolo scheletrico che non riesce più a contenere all’interno della sua cavità, o zona neutra, il liquido all’interno del disco. Infatti è importante che il disco sia sempre idratato, affinché possa sostenere bene gli stimoli esterni.

Durante alcune  ricerche si è visto un disco più sano nei corridori piuttosto che nelle persone sedentarie. Il disco “teoricamente” si sposta indietro durante il movimento di flessione, verso le strutture del canale vertebrale e verso i forami, portando il disco al prolasso. invece si sposta in avanti quando facciamo il movimento di estensione della colonna.

Questa linea teorica è smentita nel momento in cui durante l’estensione del rachide, la parete anteriore del disco intervertebrale viene allungata e dunque tesa, mentre la parete posteriore viene accorciata e quindi de-tesa. Questa condizione potrebbe portare come unica via di fuga, per il disco, la direzione posteriore, contrariamente a quanto sostenuto nel modello precedente.

Se il paziente dovesse avere un’ernia posteriore, durante il movimento di estensione l’erniazione si sposterebbe ancora più indietro, andando a comprimere le strutture nervose retrostanti, per cui è necessaria un’ attenta valutazione dei pazienti perché ognuno potrebbe avere situazioni e condizioni differenti.

Movimenti del rachide

I movimenti di flessione del rachide portano il midollo ad estendersi, andando ad aumentare la tensione neurale. Le radici nervose, assumono una direzione più verticale e il forame intervertebrale aumenta la sua area del 12%, creando più spazio per le strutture al suo interno. Durante il movimento di estensione invece il midollo si accorcia e riduce il forame del 20%. Nonostante in estensione le radici nervose siano de-tese, la riduzione dello spazio del forame, associato ad un possibile spostamento all’indietro del disco intervertebrale, potrebbe provocare la compressione nervosa. I quadri clinici sono molteplici e possono verificarsi delle componenti miste, quindi il paziente ha dolore sia in flessione che in estensione.

Lombosciatalgia

Un esempio molto comune è la lombosciatalgia, in seguito alla chiusura del forame L5-S1 (il più piccolo dei forami intervertebrali). Se l’ernia dovesse comprimere la radice, creando una radicolopatia, la conduzione nervosa è bloccata nell’assone del nervo spinale o nelle sue radici, provocando ipoestesia (torpore), debolezza muscolare e/o riduzione dei riflessi, ma è bene specificare che non è un dolore radicolare. L’associazione ernia e dolore non è corretta, perché potremmo avere solamente dei sintomi silenti, oppure avere un dolore neuropatico associato, distribuito sui dermatomeri del corpo, irradiandosi al di sotto del ginocchio e, spesso, fino al piede. Quindi è molto rilevante la distribuzione dei sintomi, se dovessero essere anteriori si chiamerebbe lombocruralgia, lungo il decorso del nervo crurale (radici L4 e prossimali) invece la distribuzione posteriore, la famosa lombosciatalgia, lungo il decorso del nervo sciatico(L5-S1 ).

Radicolopatia

La radicolopatia è caratterizzata, oltre che da alterazioni di sensibilità, forza e riflessi, anche da assenza di dolore. Questa condizione si fa ancora più evidente in quadri di cronicità, in cui la sintomatologia è molto marcata, ma in assenza di dolore. Questo dettaglio è da tenere sempre in considerazione, perché l’assenza di dolore non denota un miglioramento del paziente. Il progresso del paziente può considerarsi conclamato, solamente in termini di ripresa della sensibilità, della forza e del riflesso. Tale valutazione va effettuata bilateralmente per mettere a confronto il lato patologico con il controlaterale.

Causa del dolore

Il paziente prova dolore per il fenomeno della compressione, che ha un effetto negativo sul circolo sanguigno della radice. Una piccola compressione può portare ad edema intraneurale con conseguente infiammazione e sensibilizzare della radice nervosa agli stimoli meccanici di tipo distrattivo (tensione) o di tipo compressivo.

Riassumendo:  un’ernia che comprime un nervo non causerà per forza una dolenzia, mentre una radice nervosa sensibilizzata o edematosa provocherà certamente dolore.

 

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