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Mal di schiena

ERNIA DEL DISCO

Ernia del disco

Ernia 

La parola ERNIA è associata automaticamente al dolore della schiena o ad un problema inguinale. L’etimologia della parola invece serve per capire con più chiarezza cosa succede all’interno del nostro organismo. L’erniazione è la fuoriuscita di una massa dalla sua posizione naturale, o meglio, quando il nucleo polposo ernia, non è trattenuto dall’anulus fiboroso che lo mantiene in sede.

Ernia del disco

Ognuno di noi potrebbe avere un’ernia del disco e non avere dolori o sintomi.  Si tratta di una degenerazione del sistema muscolo scheletrico che non riesce più a contenere all’interno della sua cavità, o zona neutra, il liquido all’interno del disco. Infatti è importante che il disco sia sempre idratato, affinché possa sostenere bene gli stimoli esterni.

Durante alcune  ricerche si è visto un disco più sano nei corridori piuttosto che nelle persone sedentarie. Il disco “teoricamente” si sposta indietro durante il movimento di flessione, verso le strutture del canale vertebrale e verso i forami, portando il disco al prolasso. invece si sposta in avanti quando facciamo il movimento di estensione della colonna.

Questa linea teorica è smentita nel momento in cui durante l’estensione del rachide, la parete anteriore del disco intervertebrale viene allungata e dunque tesa, mentre la parete posteriore viene accorciata e quindi de-tesa. Questa condizione potrebbe portare come unica via di fuga, per il disco, la direzione posteriore, contrariamente a quanto sostenuto nel modello precedente.

Se il paziente dovesse avere un’ernia posteriore, durante il movimento di estensione l’erniazione si sposterebbe ancora più indietro, andando a comprimere le strutture nervose retrostanti, per cui è necessaria un’ attenta valutazione dei pazienti perché ognuno potrebbe avere situazioni e condizioni differenti.

Movimenti del rachide

I movimenti di flessione del rachide portano il midollo ad estendersi, andando ad aumentare la tensione neurale. Le radici nervose, assumono una direzione più verticale e il forame intervertebrale aumenta la sua area del 12%, creando più spazio per le strutture al suo interno. Durante il movimento di estensione invece il midollo si accorcia e riduce il forame del 20%. Nonostante in estensione le radici nervose siano de-tese, la riduzione dello spazio del forame, associato ad un possibile spostamento all’indietro del disco intervertebrale, potrebbe provocare la compressione nervosa. I quadri clinici sono molteplici e possono verificarsi delle componenti miste, quindi il paziente ha dolore sia in flessione che in estensione.

Lombosciatalgia

Un esempio molto comune è la lombosciatalgia, in seguito alla chiusura del forame L5-S1 (il più piccolo dei forami intervertebrali). Se l’ernia dovesse comprimere la radice, creando una radicolopatia, la conduzione nervosa è bloccata nell’assone del nervo spinale o nelle sue radici, provocando ipoestesia (torpore), debolezza muscolare e/o riduzione dei riflessi, ma è bene specificare che non è un dolore radicolare. L’associazione ernia e dolore non è corretta, perché potremmo avere solamente dei sintomi silenti, oppure avere un dolore neuropatico associato, distribuito sui dermatomeri del corpo, irradiandosi al di sotto del ginocchio e, spesso, fino al piede. Quindi è molto rilevante la distribuzione dei sintomi, se dovessero essere anteriori si chiamerebbe lombocruralgia, lungo il decorso del nervo crurale (radici L4 e prossimali) invece la distribuzione posteriore, la famosa lombosciatalgia, lungo il decorso del nervo sciatico(L5-S1 ).

Radicolopatia

La radicolopatia è caratterizzata, oltre che da alterazioni di sensibilità, forza e riflessi, anche da assenza di dolore. Questa condizione si fa ancora più evidente in quadri di cronicità, in cui la sintomatologia è molto marcata, ma in assenza di dolore. Questo dettaglio è da tenere sempre in considerazione, perché l’assenza di dolore non denota un miglioramento del paziente. Il progresso del paziente può considerarsi conclamato, solamente in termini di ripresa della sensibilità, della forza e del riflesso. Tale valutazione va effettuata bilateralmente per mettere a confronto il lato patologico con il controlaterale.

Causa del dolore

Il paziente prova dolore per il fenomeno della compressione, che ha un effetto negativo sul circolo sanguigno della radice. Una piccola compressione può portare ad edema intraneurale con conseguente infiammazione e sensibilizzare della radice nervosa agli stimoli meccanici di tipo distrattivo (tensione) o di tipo compressivo.

Riassumendo:  un’ernia che comprime un nervo non causerà per forza una dolenzia, mentre una radice nervosa sensibilizzata o edematosa provocherà certamente dolore.

 

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LA TERAPIA IN ACQUA PER IL MAL DI SCHIENA

La terapia in acqua per il mal di schiena: benefici

L’acqua è un elemento straordinario, ha molteplici effetti positivi e spesso viene utilizzata all’interno delle pratiche riabilitative ed ortopediche attraverso l’idrochinesiterapia. All’interno di una piscina o in mare il peso effettivo del nostro corpo si annulla perché non è presente la gravità. Questo fenomeno fa si che non ci sia carico sulle strutture articolari. Seguendo questo principio diminuendo il carico e riducendo lo stress, il paziente che ha mal di schiena, sarà privo di stimolazioni negative che possano peggiorare il sintomo.

 

La terapia in acqua per il mal di schiena: controindicazioni

Di recente sono stati effettuati studi sulle patologie discali che hanno evidenziato contraddizioni con le molteplici indicazioni mediche a riguardo della terapia in acqua.

Una delle cause più comuni di lombalgia è il dolore discogenico, quindi causato dal disco intervertebrale, un problema del rachide che può portare a molteplici conseguenze. Diversi studi osservazionali non danno certezza se sia più giusto lo scarico o carico del disco, ma ci danno delle risposte molto interessanti a riguardo.

Dagli studi di Andrew J Teichtahl et al. sulla relazione tra attività fisica e altezza media del disco intervertebrale,  si è visto che alcune stimolazioni avevano un effetto positivo, mentre l’assenza di esse avevano un effetto negativo. Quindi la possibilità che bassi livelli di attività fisica possano avere effetti deleteri nel mantenimento dell’integrità del disco è alta. Quest’analisi ci fa riflettere se esistano degli esercizi utili per il paziente con problematiche discali, e soprattutto quali possano portare beneficio al disco.

 

L’assenza di carico e il mal di schiena

Un’interessantissima ricerca portata avanti da Treffel Loïc et al. ha valutato le conseguenze dell’assenza di gravità per gli astronauti. Si è osservato che al loro ritorno dalla missione spaziale numerosi astronauti, avevano sviluppato una sintomatologia di mal di schiena (LBP), scoprendo che in molti era insorta anche una condizione di ernia discale. Dunque è giusto chiedersi quanto l’assenza di gravità (quindi l’assenza di stimoli alla colonna), possa aver ricoperto un ruolo chiave nella comparsa dell’ernia discale o della lombalgia.

L’assenza di carico è un fattore negativo, non bisogna consigliare al paziente di evitare il carico a tutti i costi, come camminare, stare in piedi o sfuggire dalle attività della vita quotidiana solamente perché si ha mal di schiena, invece è importante, partendo da un’attenta valutazione, comprendere la quantità di carico che può sopportare o meglio diminuire il sintomo.

 

Effetti negativi sulla schiena per assenza di gravità

Altri studi sugli astronauti hanno documentato in particolare tre fenomeni negativi legati all’assenza prolungata di gravità:

– allungamento della colonna vertebrale sull’asse longitudinale; in un contesto posturale si è riscontrato non correlato ad uno stato di benessere;
– diminuzione della lordosi lombare
– erniazione discale
– atrofia muscolare

Inoltre una volta che gli astronauti erano tornati ad una condizione di normale gravità il recupero è stato tutt’altro che veloce, necessitavano di lunghi percorsi di fisioterapia e di recupero del trofismo muscolare.

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